Real Orto Botanico : una grande oasi a disposizione della Città

Una delle più antiche istituzioni naturalistiche sono rappresentate dagli Orti Botanici, luoghi che oggi dovrebbero ottenere una posizione di privilegio, poiché si tratta di iniziative ecologiche “ante litteram” nate, quando ancora non si parlava di ambiente, di tutela della natura, di protezione delle specie in via di estinzione. Napoli vanta una di queste oasi di verde che si estende per circa 12 ettari, nel centro antico della città: il Real Orto Botanico, uno dei più importanti d’Europa e, certamente il primo in Italia, sia per le favorevoli condizioni climatiche che per le splendide collezioni di piante conservate (oltre diecimila specie per circa venticinquemila esemplari) dalle tropicali a quelle acquatiche e officinali. Il nostro Paese funestato da incendi e devastazioni, per fortuna, può contare su oltre venti parchi nazionali e diverse centinaia di parchi regionali, riserve ed altre aree protette. Le Borse del turismo, in voga in questi ultimi anni, oltre che commercializzare viaggi e tour in località famose, servono a far conoscere un turismo di qualità attraverso la cultura, l’archeologia, la natura, segmenti spesso negletti rispetto a rinomati luoghi non sempre all’altezza del battage pubblicitario Nel giardino delle delizie, com’è definito da studenti e cultori della botanica, aperto al pubblico e indicato nelle guide turistiche, nel mese di maggio si svolge una mostra mercato di piante spontanee e coltivate, rarità botaniche ed essenze esotiche. Un ampio settore dell’evento di “Planta, il giardino e non solo” dedicato all’esposizione e vendita di prodotti alimentari di origine naturale, performance musicali ed artistici, laboratori didattici e del gusto. In questo periodo durante i week end alle 11 del mattino, da sabato 16 settembre a domenica 19 novembre un’interessante rassegna per i più piccoli: “Le favole de I Teatrini all’Orto Botanico”, Alice, Artù e Merlino, il Mago di Oz, il brutto anatroccolo, tra i titoli proposti per il popolo del bosco, scritto e diretto da Giovanna Facciolo con Monica Costigliola, Renata Wrobel, Alessandro Esposito. La fondazione del giardino d’Europa fa parte della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali dell’Università Federico II e risale al periodo in cui la città era dominata dai francesi; i transalpini realizzarono l’idea concepita da Ferdinando IV di Borbone, ma l’esecuzione era stata impedita dai moti rivoluzionari del 1799. La firma per l’attuazione del progetto “per l’istruzione del pubblico e per moltiplicare le specie
straordinariamente utili, anzi necessarie alla salute, all’agricoltura, all’industria” il 28 dicembre 1805 per Regio Decreto di Giuseppe Bonaparte per conto del fratello Napoleone. L’ingresso principale su Via Foria, non distante dall’aeroporto di Capodichino, con doppio scalone e alte mura in piperno e ampie bugne rettangolari, contiguo all’albergo dei poveri, palazzo monumentale della città ed uno delle più grandi costruzioni settecentesche d’Europa, voluto da Carlo di Borbone per accogliere indigenti e la rieducazione di emarginati del reame. Nei viali interni dell’Orto, un edificio dalle forme di castello, un colonnato dorico, spazi erbosi per l’acclimatazione delle piante esotiche. Le collezioni sono generalmente presentate secondo tre criteri: sistematico, ecologico ed etnobotanico. In alcune aree sono raccolte piante appartenenti alla stessa categoria sistematica: le gimnosperme, delle famiglie di angiosperme, il Palmeto e l’Agrumeto. In altre aree, come il Deserto, il Filiceto e le vasche delle piante acquatiche, specie che hanno esigenze ambientali affini. In tal senso “criterio ecologico”. La sezione sperimentale delle piante officinali, in cui sono coltivate piante utili all’uomo, costituiscono un esempio di area a carattere etnobotanico. In tutte le zone, le piante sono corredate da targhette sulle quali sono riportate notizie riguardanti la posizione sistematica e la distribuzione della specie. Nel periodo della guerra nei terreni dell’Orto furono coltivati legumi, patate e grano, il “castello” trasformato in caserma e i prati in parcheggio. Per fortuna negli anni sessanta la rinascita di un sito vanto di Napoli. Altre strutture di criterio ecologico già esistevano, in città, nei secoli precedenti. Il primo, il “Giardino della Montagnuola” risale al XVI secolo fondato da Gian Vincenzo Pinelli, dove erano coltivate piante medicinali. Allo stesso secolo “Villa delle Due Porte”, situata al Vomero e di proprietà di Gian Battista della Porta. Nel secolo successivo l’Orto dei semplici di Giuseppe e Tommaso Donzelli, sempre nella zona collinare, una volta ricca di campagne e verde. Degli inizi del’700 il piccolo Orto di Nicola Cirillo, in località Ponte Nuovo e che servì agli studi botanici del nipote Domenico Cirillo. Nell’epoca d’oro, altri giardini fiorivano come quello di proprietà del conte di Chiaromonte, denominato “Orto del Principe di Bisognano”. In prevalenza erano coltivate, in questi giardini privati, numerose e interessanti piante esotiche oggetto di prove di acclimatazione e moltiplicazione.

Mario Carillo