Mostra delle bambole a San Domenico Maggiore
C’è il mondo nostalgico dei burattini e la romantica semplicità delle bambole in legno e dei giocattoli in materiali poveri che un tempo univano i piccoli di famiglie nobili e gli scugnizzi della Napoli popolare, appassionandoli con la magia dei balocchi. E poi ci sono le bambole moderne nate negli anni Cinquanta come le Barbie, «cresciute» imitando le star del cinema e assumendo le mode del tempo. Ma, anche quando sono stati sfacciatamente edonistici, i giocattoli prima dell’era dei videogames hanno avuto sempre una dimensione sociale. Ed è quella che vuole recuperare la mostra «Storie di giocattoli.
Dal Settecento a Barbie» a cura di Vincenzo Capuano, aperta da domani fino al 19 marzo nel Convento di San Domenico Maggiore e voluta dall’assessorato alla Cultura del Comune di Napoli come parte integrante del Natale a Napoli, che ha come simbolo l’antico gioco di strada dello «strummolo» ed è dedicato quest’anno proprio al tema delle «pazzielle». «Questa mostra è il pezzo forte degli eventi culturali proposti per il Natale in città – spiega l’assessore Nino Daniele – Puntiamo molto sull’idea del gioco tradizionale per riconquistare le strade e recuperare la dimensione della socialità e della condivisione, a partire dai più piccoli. I giochi di un tempo come lo strummolo, dal nome di derivazione greca che riporta alle origini della nostra città, non isolavano come i videogiochi di oggi che creano anche disturbi ai ragazzi, ma li facevano incontrare».
Perciò la mostra è un percorso ludico «nella magia fuori del tempo della civiltà dei giocattoli» tra circa duemila pezzi provenienti da tutto il mondo, di cui la metà dal Museo del Giocattolo di Napoli del Suor Orsola Benincasa, nato dalla passione collezionistica di Vincenzo Capuano. Il viaggio tra i giochi e l’immaginario che evocavano parte dall’età dei lumi arriva fino alla cultura del benessere del secondo Novecento, strutturandosi per aree tematiche e cronologiche: bambole, giocattoli di latta, pupazzi e personaggi, giocattoli di legno, giochi da tavolo, giocattoli militari. L’allestimento è plurimediale e immersivo e vede accanto a manufatti ingegnosi e rari – automi, dame, pulcinella, orsi, pupazzi, giocattoli di legno, teatrini, giochi da tavolo, giocattoli militari, spaziali, di latta, auto, giocattoli di fantasia, trenini – anche testimonianze di costume e di perizia artigianale, oltre che di vera e propria imprenditoria, arrivati da tutte le fabbriche del gioco di Europa e d’Oltreoceano, per mettere in vetrina la centralità della creatività e della fantasia.
«Ci sono moltissimi pezzi rari e, nel complesso, la mostra ha un altissimo valore culturale che ci riporta, al contrario, al senso di un Natale per niente consumistico ma ispirato ai valori della tolleranza e del rispetto delle regole». Al gioco come educazione alla legalità riconduce la sezione «Con i giocattoli nun se pazzea» che completa la mostra ed è promossa dall’Associazione Museo del Vero e del Falso in collaborazione con la Procura della Repubblica di Napoli: un percorso didattico che, partendo dai giochi contraffatti sequestrati dalle Forze dell’ordine, vuole sensibilizzare il pubblico ai valori della legalità e della sicurezza dei consumatori, a partire da quella dei bambini. Un valore sociale ha anche il filo conduttore del Museo del Giocattolo di Napoli, dedicato alla memoria di Ernst Lossa, il piccolo Jenisch bavarese che fu ucciso a soli quattordici anni nel 44, nella fase della campagna eugenetica dei nazisti contro rom, ebrei e disabili. Un piccolo «zingaro» che ancora oggi testimonia la barbarie degli abusi e che, in una mostra dedicata all’immaginario ludico attraverso i secoli, ricorda che essa è rivolta al superamento di ogni discriminazione di genere e di razza, perché – scrivono in una nota il sindaco de Magistris e l’assessore Daniele – «al di là di estetiche di maniera per famiglie benestanti, emerga con forza la carica di bellezza, di gioia, di tolleranza che i giocattoli condensano e alimentano».