CARBONARA DAY

Ma la carbonara è romana o napoletana? Il gustoso dibattito ha animato i cultori del mondo gourmand sparsi fra la folla accorsa al Carbonara Day, che ha riempito di profumi irresistibili l’angolo delle delizie, ovvero l’incrocio strategico di via Chiaja con piazza Trieste e Trento, al centro del quadrilatero magico che racchiude arte, monumenti e tradizione enogastronomica di Napoli, con piazza Plebiscito, Palazzo Reale, la galleria Umberto, il Teatro San Carlo e via Toledo e dove troneggiano il Caffè Gambrinus e il ristorante dirimpettaio ,Chiaia 260, (un tempo denominato Rosati) in via Chiaia 260.

L’evento è stato ideato dalla famiglia della responsabile di Chiaia 260,Maria Di Matteo  e diretto dal vivo da Gennaro Ponziani mitico direttore del Gambrinus che ha guidato col consueto garbo le sue maestranze per realizzare una sinfonia gastronomica ad alto gradimento: l’obiettivo, pienamente raggiunto, è stato quello di offrire ai napoletani – e ai tantissimi stranieri e visitatori che popolano attualmente la terra di Partenope – un assaggio gratuito di uno dei piatti più famosi della cucina italiana, la cui nascita è oggi oggetto di contese fra accademici di cucina e appassionati storici gastronomici. Nonostante si tratti di una pietanza tipica della tradizione romana, infatti, molti ne fanno risalire le origini a un piatto della tradizione campana poco conosciuto, gli spaghetti alla puveriello, emblema della cucina povera ma non scevra di sapori superlativi, dove il puveriello si riferisce alla scarsità di ingredienti e non, ovviamente, al gusto. Una preparazione persa nei meandri della memoria, quindi, ma tornata prepotentemente alla ribalta come madre di tutte le carbonare da cui i suoi cultori sostengono discenda direttamente il piatto capitolino più celebrato, come sembra codificare persino la Cucina teorico pratica, del Cavalcanti pubblicata per la prima volta a Napoli nel 1837 e in cui si ritrova la ricetta di questa pietanza realizzata conpasta, uova e sugna, scaglie di pecorino, sale e pepe nero, incentrata su ingredienti essenziali e sapori genuini. Ma la carbonara made in Chiaja ha battuto molti record, seguendo alla lettera la ricetta consegnataci dalla tradizione e impiegando prodotti Made in Campania, tra cui ben centocinquanta uova provenienti dagli allevamenti del territorio, dieci chilogrammi di pasta di Gragnano di semola di grano duro di prima scelta trafilata al bronzo e ad essiccazione lenta proveniente dall’Antico Pastificio Gaetano Inserra del 1845 e guanciale di Agerola ( e qui i puristi hanno discettato sull’opportunità di sostituirlo con lardo di maiale nero casertano per renderlo ancor più locale). Il successo di quest’originale iniziativa  che ha confermato ai turisti la grande accoglienza napoletana – è stato enorme, con tantissimi assaggi anche di un’inedita e saporita pizza alla carbonara: visti, fra gli altri, il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, lo speaker radiofonico di Radio Marte Gianni Simioli, i cugini Massimiliano Rosati e Michele Sergio, giornalista dell’Espresso Napoletano.

 

Alaberto Alovisi